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Dove sta il tradimento elettorale

Nota dell’autore: Qualche giorno fa ho avuto su Facebook una piccola conversazione con Umberto Di Meola, ex consigliere comunale ed assessore nell’Amministrazione Santagata (sindaco dimessosi lo scorso 24 novembre) a Cerreto Sannita (BN), sul tradimento elettorale. Ringrazio Umberto per avermi spronato ad esternare le mie riflessioni in merito all’argomento del “tradimento elettorale” e, dopo un piccolo pensiero stilato sotto forma di commento facebook e una successiva riflessione più ampia, ho posto in essere il seguente post al fine di essere chiaro sull’argomento:

Passare dalla maggioranza all’opposizione è un tradimento elettorale? E il contrario, passare dall’opposizione alla maggioranza è un tradimento elettorale? Nell’informalità istituzionalizzata per consuetudine di alcune operazioni politiche della cosiddetta “seconda repubblica” (ma anche della presunta “terza repubblica) sembra proprio di sì.

Ma, riflettendo con attenzione sui dettati costituzionali molte cose suonano oscure, al di fuori della legge ma non contrarie ad essa. Maggioranza ed opposizione non sono, costituzionalmente, pubblicamente dichiarate nel momento delle elezioni, né tantomeno lo è il capo di Governo.

Tuttavia, dalle fatidiche elezioni politiche del 1994, i candidati premier cominciarono ad essere ben individuati e con essi la presunta formazione del futuro governo, i capi delle camere, le coincidenti cariche di nomina politica (membri della Corte Costituzionale, Presidente della Repubblica, ecc…).

Ma dove si consuma il tradimento, se di tradimento si può parlare? Si consuma nel passaggio da un lato all’altro, da un partito all’altro? Dipende, dai modi in cui questo avviene.

L’uomo politico, in quanto tale, si fa portatore di un bagaglio di idee, di promesse, di programmi e anche di dogmi in base al quale viene eletto. Il tradimento nei confronti dell’elettorato avviene nell’attimo in cui il politico abiura per garantirsi sopravvivenza (sempre politica, per carità!), privilegi, favori…; nel momento in cui il politico non rappresenta più il popolo che lo ha eletto. In quell’attimo il politico perde la sua coerenza, accettando programmi e punti nei quali non crede (o non avrebbe mai pensato di credere) in nome di qualcosa che non è il popolo: l’egoismo, l’affarismo, la mancanza di scrupoli, l’arrivismo.

Non lasciamoci però ingannare dall’apparenza: il politico può anche ravvedersi, scegliere strade ed idee diverse da quelle che aveva. Gli uomini, in quanto esseri umani, non possono ridursi a delle semplici “macchine di partito” silenziose ed osservanti dei disposti di chi si trova gerarchicamente al di sopra di loro. Un politico risponde delle sue azioni solamente nel momento di consultazioni elettorali, prima non è tenuto né a dimettersi né a giustificarsi. E’ il popolo, solo il popolo, a poter giudicare chi si sia macchiato di tradimento non rieleggendolo, non rivotandolo. Prima di allora il politico ha completa libertà di agire (nei limiti delle sue funzioni), anche questa è democrazia.

Per  il resto, ciascun individuo conserva una propria dignità morale e sta a lui non perderla e difenderla, anche ai politici. Il tradimento non si rivela quindi in presenza di tre essenziali elementi: coerenza, trasparenza, dignità morale. Senza di essi il tradimento può dirsi consumato ancor prima che il politico di turno sia eletto.

Giuseppe Guarino

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